La Vendetta di Patricia Hardy
“Dottor Cowson, una visita per Mr. Homeless.”
Mrs. Teapot ha parlato con tono di rimprovero, per niente soddisfatta
di non vedere Shylock Homeless nello studio.
Cowson si fa incontro a una donna nel pieno del suo fascino, ammaliato
non desidera altro che rendersi utile.
“Il Mr. Homeless arriva subito. Forse potreste dirmi il motivo che vi
ha portato qui.”
“Sono Patricia Hardy. Abbiamo
una amica in comune con Mr. Homeless. Lady Astoria Windermare mi ha parlato di
lui. Il motivo della mia visita risiede in Mr. Hardy, mio marito.”
“Mi spiace davvero, ma non credo che potremo esservi di
aiuto, Mrs. Hardy. Purtroppo Homeless ha deciso di smettere l’attività per
quanto riguarda il ramo eliminazioni. E’ un genere che non si addice alle sue
capacità deduttive, lo sminuisce, alla fine è qualcosa di materiale.”
“Mio caro Cowson, non ho affatto intenzione di eliminare Mr.
Hardy. Al contrario lo vorrei tutto per me. Ma cosa sono questi orribili
stridori? come di un uccellino, una innocente creatura, che venisse torturato
da un infame individuo.”
“Mr. Homeless si esercito al violino. Vado subito a
avvertirlo.”
Presi dalla conversazione i due non si sono accorti che Homeless
ha smesso di suonare e si trova dietro di loro.
“Devo dedurre, Mrs. Hardy, che la nuova giovane segretaria
si è presa una parte di Mr. Hardy. La nostra governante mi ha appena avvertito
che avevamo una visita. Sono Shylock Homeless.”
Il sorriso di Mrs. Hardy è un insieme di maliziosa delizia.
“Che cosa vi fa supporre che la ladra sia Elisabeth? Vi è
arrivato qualche pettegolezzo forse?”
“Mia cara, avete un aspetto delizioso, un fiore sbocciato,
una pesca matura, e una voce incantevole. Qualsiasi gentleman sarebbe felice di
conquistarvi, per essere invidiato al Club. Mr. Hardy deve avere una
infatuazione passeggera per una ragazzetta docile e sottomessa al suo meraviglioso
capo. La piccola Elisabeth deve essere una di quelle creature pestifere, di cui
un uomo può sentire la mancanza qualche volta. Non volete che ora vi suoni al
violino un pezzo romantico?”
Arriva la cavalleria. Ci manca solo che Homeless la faccia
fuggire spaventata dal suo archetto stridulo, pensa Cowson.
“Non ora Homeless, niente chiari di luna. Mrs. Hardy ha
bisogno del nostro aiuto. Forse dovremmo convocare questa Elisabeth e spiegarle
a quali conseguenze può portare il suo comportamento.”
Homeless approva la proposta con cenni pieni di insolito
entusiasmo della testa e della pipa. Ma non tutti approvano, Mrs. Teapot per
esempio.
Nessuno si è accorto dell’arrivo di Mrs. Teapot nello
studio. La brava donna non prende per il verso giusto che una giovane
seduttrice possa essere ricevuta da Homeless. Si sa come vanno queste cose.
Oh, Mr. Homeless che cosa farei se dovessi rinunciare
all’impiego da Mr. Hardy? Mi troverei in strada. Direbbe lei in lacrime.
Ma no, piccola mia, potresti venire qui a dare una mano in
cucina.
A farla breve, la Teapot, con la visione di una
sgualdrinella che manda a fuoco la sua omelette alle erbe e formaggio, depone
il vassoio con le tazze da thè, i piattini, lo zucchero, il latte, il limone e
i dolcetti, si toglie il grembiule e lo sbatte in terra.
“Forse Mr. Homeless desidera che mi ritiri in campagna?
Forse Mr. Homeless desidera che gli rompa in testa quel pezzo di legno antico
con la vernice trasparente? Forse è tempo che qualcuno spieghi al signor
violinista come stanno le cose. Dovesse strimpellare tutta la notte di Natale
davanti a Buckingham Palace, al mattino non ci sarebbe un penny nel suo
berrettuccio a scacchi verdi e blu.”
Cowson non vuole che la Teapot si innervosisca, si potrebbe
inacidire la crema con la quale riempie i dolcetti. Sarà bene intervenire subito
alla svelta:
“Mrs. Hardy, lasciate che vi presenti Madame Teapot, il
nostro chef. Vi prego assaggiate uno dei suoi meravigliosi unici dolcetti. E
quanto a te, Homeless, apri la finestra e osserva bene che non ci siano
passanti, prima di gettare il violino.”
Si fa silenzio per qualche minuto nello studio. La Teapot si
è rimessa il grembiule e se ne è tornata in cucina. Si mangiano dolcetti, si
beve il thè. L’incanto viene rotto da Mrs. Hardy:
“Le vostre deduzioni sono intriganti, Mr. Homeless. Resta il
fatto che Mr. Hardy da qualche tempo se ne sta attaccato alla gonnella di
quella sgualdrina, invece che alla mia.”
Homeless pare riflettere sul caso di Mrs. Hardy. In realtà
pensa al violino. Deve ammettere che è stato uno sbaglio procurarsi il manuale
Il Suonatore di Violino in lingua tedesca. Cowson si rende conto che la
situazione si sta facendo drammatica e decide di intervenire:
“Homeless, ti ricordi gli insoliti oggetti che ho portato
dal Transvaal? Credo sia venuto il momento di usarli a vantaggio di Mrs.
Hardy.”
Leonessa e gazzella
Le due rivali sono una di fronte all’altra sui gradini della
porta di Patricia.
— Sei Elisabeth, non è vero? — chiede la leonessa. E propone
— possiamo darci del tu e diventare amiche?
— Sì sono Elisabeth, come hai fatto a indovinare? — risponde
la gazzella, che fa del suo meglio per dissimulare sorpresa e sconcerto.
— Ti ho riconosciuta dalla foto.
— La foto? — Il tono della gazzella è sospettoso. — Quale
foto?
— La foto di gruppo presa nell’ufficio di mio marito. Quella
con i dirigenti di massimo livello e le loro assistenti. Tu sei quella con la
pettinatura alta, come usano tutte le ragazze che seguono la moda.
Elisabeth nota la leggera agitazione di Patricia alla parola
assistenti.
— Mi spiace, cara, ma Mr. Hardy, mio marito, non è in casa
al momento, dovevate incontrarvi qui? Oscar Non me lo ha detto. Non mi
sorprende, mi dice mai niente del suo lavoro. — Patricia parla con modi
soffici.
— Non ha importanza — Elisabeth cerca di avviare un
discorso, ma è così difficile parlare in modo amichevole con la moglie
dell’uomo di cui è innamorata — non ero sicura di trovarlo qui e se….
— Se fosse disponibile? — Patricia sorride. — Mi spiace che
non lo sia, ma noi abbiamo l’occasione di fare una piccola conversazione, di
conoscerci. Sei la segretaria di Oscar da almeno un anno, ma non ci siamo mai
parlate davvero faccia a faccia. Mr. Hardy passa più tempo con te che con me. Spesso
prima di uscire mi informa che avrebbe fatto tardi la sera in ufficio, per una
crisi finanziaria inattesa o qualche altro affare importante.
L’enfasi sulla parola “affare” spinge Elisabeth a chiedersi
quanto la moglie di Oscar sappia della loro relazione.
— Non sarebbe meglio se me ne tornassi indietro e aspettare
che tuo marito si metta in contatto con me? — suggerisce Elisabeth.
Patricia sorride garbata.
— Sciocchezze, cara, devi assolutamente ammirare la mia
piccola collezione di oggetti africani e provare un bicchiere di un vino
davvero unico.
Con il fascino
untuoso del politico esperto, Patricia prende per il braccio l’altra donna e la
guida con educazione nella sua casa, nella sua rete.
— Chiamami pure Patricia, io ti chiamerò Elisabeth.
Dopotutto mi sembra già di conoscerti, e noi abbiamo molto in comune: mio
marito per esempio. Mi parla sempre di te, sai. Di come sei piena di risorse,
di come sei sempre disposta a collaborare. Di come sei sempre disposta a
rimanere fino a tardi in ufficio per finire tutto il lavoro. Sempre di più e
oltre il dovere, si potrebbe dire. — E si mette a ridere mentre invita la sua
ospite a sedersi su una elegante poltrona e versa da una brocca di vetro
decorato due bicchieri di vino rosso. Era la prima volta che Elisabeth entrava
nella casa di Oscar, di solito si incontravano in un piccolo appartamento nella
città antica.
— Che bella casa hai, Patricia — dice Elisabeth, osservando
in giro la stanza decorata alle pareti con lusso evidente e ricercato. Ma la
giovane segretaria si trova a disagio, ha una gran voglia di scappare, se ne
sta seduta sull’orlo della poltrona, il suo sguardo passa dalla padrona di casa
a tutto quello che si trova sparso per la stanza. Turbata e affascinata da
alcuni oggetti particolarmente insoliti: una statuetta d’avorio che rappresenta
un uomo e una donna uniti in modo passionale, un quadretto dove gli avvoltoi si
contendono i resti di un corpo, una lunga figura di legno con la punta di
metallo arrugginita da cui scendono fili che sembrano capelli umani, infine la
maschera sepolcrale del volto di un uomo che esprime un grido di terrore fissato
per sempre. Elisabeth tenta di conciliare queste cose orribili con l’uomo
gentile e dolce che ama. Le sembra impossibile credere che Oscar abbia scelto
questi oggetti grotteschi per decorare la sua casa.
— E’ un mio hobby — dice Patricia, notando la spaventata
curiosità della sua ospite. — Sono affascinata dall’antropologia, lo studio
dell’uomo come un animale, lo studio degli istinti basici dell’uomo primitivo,
l’origine del bene e del male. Patricia apre le mani perfettamente curate come
per riunire insieme tutti quegli oggetti inusuali sparsi per la stanza.
— Ognuno di questi oggetti costituisce un atto di una
tragedia — continua Patricia — ognuno di essi è come l’anello di una catena
unica.
Patricia ora ha preso in mano la statuetta d’avorio che
rappresenta i due sottili corpi uniti in un abbraccio feroce e li accarezza
sensualmente con un dito.
— Pare di sentire il piacere che unisce i due corpi bagnati
dal sudore. I due amanti cercano di darsi e di prendere piacere l’un l’altro
con tutte le loro forze. E’ come vedere i loro corpi muoversi e toccarsi. Patricia
le porge la statuetta— Tieni Elisabeth, sentila, godila.
Patricia rimane in attesa che l’ospite spaventata accetti la
statuetta. L’altra donna si limita a fissarla e si rifiuta di toccarla. A
malincuore Patricia la rimette a posto e solleva con delicatezza la figura di
legno dal suo gancio nel muro.
— Sono sicura che troverai molto affascinante questa piccola
cosa. Come la statuetta, che non hai voluto toccare, anche questo oggetto
proviene da una tribù dell’Africa Centrale, nei cui costumi si trovavano
combinate un forte convincimento della monogamia e un metodo primitivo di
punizione.
Patricia fa una pausa e prende un altro sorso di vino.
— Essi pensavano che un uomo e una donna devono restare
uniti per tutta la vita. Se uno di loro commetteva quello che noi chiamiamo
adulterio, allora deve essere privato della vita assieme al suo partner
colpevole. Una soluzione molto semplice per un problema antico come l’uomo, non
trovi?
Elisabeth cerca di non rimanere coinvolta in questo
sgradevole soggetto di conversazione, la sua paura è espressa dal suo tono di
voce.
— Pensavo che Mr. Hardy sarebbe di sicuro venuto in ufficio
stamattina presto, anche se è sabato. Avevamo un lavoro importante. E’ forse
ammalato? E’ successo qualcosa? Non mi ha chiamato, è alquanto insolito.
— E tu ti sei preoccupata al punto di venire qui
direttamente a casa sua? Davvero ammirevole. Una tale devozione al tuo capo ti
fa davvero onore.
Elisabeth è confusa.
— Mi aveva raccomandato di non mancare, avevamo un lavoro
importante da finire, la fusione di due aziende.
— Ah, una fusione. Interessante.
Patricia ora si china a dare qualche colpetto di simpatia
sulla mano della sua ospite, ma nello stesso tempo la figura di legno che tiene
nell’altra mano si ferma a qualche centimetro appena dagli occhi di Elisabeth,
vicino abbastanza da permettere di scoprire una macchia scura sulla punta di
metallo. Patricia si accorge dello sguardo ansioso negli occhi dell’ospite e
spiega con calma:
— E’ sangue. Almeno così mi dicono. Si pensa che sia il
sangue di qualche sfortunata vittima, presa nell’atto dell’adulterio. Almeno
questo è quello che dissero a Oscar quando comprò questa cosa da uno strano
tipo di donna durante un suo viaggio in Africa anni fa. Probabilmente si tratta
solo di invenzioni, ma tu certo sai quanto Oscar possa essere credulone. Crede
a ogni cosa gli dica una donna, quando si trova nello stato d’animo giusto.
Non appena Patricia risolleva la testa, un piccolo rivolo di
liquido rosso le scivola da un angolo della bocca giù per il mento, prima di
fermarsi sulla sua camicetta bianca dove si allarga fino a formare come una
ferita sul petto. Elisabeth guarda come ipnotizzata il cerchio di vino rosso
che si allarga, le sembra come la macchia scura attorno alla punta di quella
disgustosa figura in legno, una immagine orribile che la scuote con un fremito
di terrore.
— Ti piace questo vino, Elisabeth? Alcuni lo trovano troppo
pesante, quasi una melassa, io preferisco chiamarlo a corpo pieno. Un vino a
corpo pieno, con odore penetrante e sapore dolciastro. Mentre Patricia ride
graziosamente, Elisabeth nota che i suoi splendidi denti sono come coperti da
un velo trasparente color porpora.
— L’unico problema di questo vino è che sembra macchiare per
sempre tutto quello che tocca. Come quella mistura che in questa tribù africana
usavano per decorare i loro corpi. Credevano che se si fossero dipinti con una
mistura di argilla e sangue dei loro nemici, si sarebbero liberati per sempre
dagli spiriti maligni delle loro vittime. Di conseguenza una coppia sorpresa in
adulterio era condannata a morte e uccisa col coltello rituale, quindi alla
moglie o al marito tradito si copriva il corpo con il sangue delle vittime che
avevano recato offesa.
Il racconto provoca a Elisabeth un tremito sgradevole. Il
movimento involontario le fa cadere del vino sul vestito e il liquido rossastro
si spande lentamente sul tessuto, come una lava scura che si apra la strada verso
il suo corpo.
— Vuoi dire che li uccidevano davvero, solo per aver fatto
l’amore?
— Per aver fatto l’amore con la persona sbagliata. — La
corregge Patricia.
— Spaventoso, usi tribali come i cannibali.
— Non direi che fossero cannibali, non erano loro a divorare
le vittime — la riprende Patricia come si fa a una scolaretta — lasciavano i
corpi colpevoli ai becchi degli avvoltoi.
Lo sguardo di Elisabeth va istintivamente alla ricerca del
macabro dipinto raffigurante avvoltoi che si disputano i resti di un corpo.
— Non stai parlando sul serio? — Chiede nervosamente. — Non
è che una storia, un mito, non è vero?
— Sì, questo è quello che credevo — conviene Patricia — fino
a quando non mi sono trovata in mano questa maschera che si suppone di un uomo
ucciso ritualmente per adulterio. A quanto pare gli anziani della tribù
facevano maschere dalle teste dei due adulteri dopo aver bevuto il loro sangue.
Patricia ha preso in mano l’ultimo oggetto, l’orribile
maschera con i piccoli occhi scuri e la sottile pelle di pecora ingiallita
sulla testa resa più piccola da un lavoro esperto. La offre alla sua ospite. Il
grido che viene dall’altra donna è un insieme di terrore e di nausea, come un
automa lascia andare il bicchiere e il vino le si sparge sul petto, lo stomaco,
i fianchi. Comincia a sentire spasmi acuti e incontrollabili allo stomaco, si
alza di scatto e corre fuori mentre gli spasmi si fanno più dolorosi.
Oscar è nello studio di sopra.
— Vieni pure fuori, Oscar, se ne è andata. Ho visto la porta
del tuo studio socchiusa, avrai sentito tutto.
Oscar Hardy esce dallo studio, divertito è irritato al tempo
stesso, mostra a Patricia un sorriso di rimprovero ma anche di complicità.
— Non avresti dovuto spaventarla così, non era nei patti.
Eravamo d’accordo che avrei passato il weekend con te, senza avvertirla del
cambiamento di programma. In cambio tu avresti tollerato la nostra relazione.
Non era previsto che ti mettessi a terrorizzarla.
Patricia si avvia per la scala a chiocciola in legno che
porta alla camera da letto, a metà dei gradini si ferma con un sorriso superbo
e malizioso.
— Una piccola vendetta puoi anche perdonarmela, date le
circostanze. Per quanto riguarda la nostra piccola Elisabeth potrai tornare da
lei lunedì. Sembra che avremo un weekend interessante grazie al nostro accordo
Forse dovremmo farne più spesso di questi accordi.
Patricia procede su di qualche gradino, poi si ferma ancora.
— Senti, Oscar, se Elisabeth non fosse scappata di corsa
avrei potuto aggiungere qualcosa che avrebbe servito a renderla meno
spaventata, per quanto riguarda quella tribù africana. Sembra che i saggi della
tribù che sovrintendono al sacrificio degli adulteri avessero un segreto. La
notte prima del sacrificio la coppia colpevole viene messa insieme in una
capanna. Se i due si maledicono e si insultano a vicenda sono condannati, ma se
invece si giurano fino all’ultimo amore vengono lasciati liberi di fuggire, a
patto di non tornare mai. Nel secondo caso al mattino i saggi diranno alla
tribù che gli adulteri sono stati presi e portati via dallo spirito del male.
Ecco potresti raccontarlo a Elisabeth lunedì. Ora che ci penso non ha avuto
neppure una parola di rimprovero nei tuoi confronti. Era davvero preoccupata
per te, povera piccola, fino ad avventurarsi fin qui, indifesa, oltre le linee
nemiche. Sai come sono fatte queste piccole segretarie in adorazione.
— Patricia, dove hai trovato quei misteriosi oggetti? E dove
hai letto quelle storielle sugli adulteri puniti in quella tribù africana?
—Storielle? Stai bene attento a quello che fai, mio caro Mr.
Hardy. Questi oggetti mi conferiscono poteri magici. Potrei trasformarmi in una
di quelle mogli insopportabili.
Lei continua salire i gradini verso la camera da letta.
Maliziosa sventola la gonna.
Nascosti nella cucina di casa Hardy, i due compari Homeless
e Cowson si stringono la mano e si congratulano in silenzio per il successo. Domattina,
il postino lascerà nella cassetta, al 13 Butcher Fish Street, un generoso
assegno firmato da Mrs. Hardy.
Allegri e contenti, i due amiconi si avviano a casa
saltellando e canterellando.
Arrivati al 13 Butcher Fish Street, Homeless smette
all’improvviso di cantare ‘Oggi Splende il Sole e Abbiamo Sterminato gli
Irlandesi Ribelli’.
“Cowllon, cosa ci fa quel negretto caffellatte alla finestra
del mio studio?”
“Non vedo negretti, Homeless.”
Infatti una mano ha tirato dentro l’apparizione, via dalla
finestra. Ma si apre il portoncino e appare una Teapot bianca di farina.
“Siete arrivati finalmente. Portate via questa grassa donna
nera e i suoi dieci marmocchi.”
Un sospetto appare sul volto di Cowson, come un ombrello
quando il cielo si fa nero.
“Che vi succede, Teapot? Perché vi siete messa in testa la
farina bianca, invece di conservarla per i dolcetti?”
La Teapot lo ignora e si rivolge a Homeless, soffiando
farina:
“Signor Homeless, si è presentata questa donna nera, vestita
con una lunga camicia variopinta e inappropriata. Parla di un certo Cowson e
dice che i dieci marmocchi bianconeri sono loro figli.”
Cowson fa per avviarsi.
“Devo tenere una conferenza al Club, non aspettatemi per la
cena.”
Nemmeno fa un passo che la Teapot lo afferra per la gola e
lo porta dentro.
“Dove crede di andare il signor don Juan? La mia cucina deve
essere liberata da quei piccoli bastardi entro dieci minuti.”
Ma ora basta, Mrs. Teapot! Una visitatrice attende nello
studio.
“Sono Shylock Homeless e lasciate che vi presenti il dottor
Crapton.”
La donna nera non risponde, ma fa apparire come per magia
una foto dal camicione colorato. Guarda
Cowson, la foto, poi ancora Cowson.
“Il mio nome è Mbali, che nella mia lingua significa fiore.
Sono arrivata dal Transvaal alla ricerca del padre dei miei figli, un certo
capitano Cowson. “
Homeless chiede di vedere la foto, la passa a Cowson che
scuote il capo. Mai visto.
Grazie ai pranzetti e ai dolcetti di Mrs. Teapot, l’attuale
dottor Cowson è alquanto arrotondato, decisamente diverso dall’elegante
capitano nella foto. La sua pelle è diventata rosea per le uova fritte al bacon
e il pallido sole londinese, ben diverso dai raggi roventi del Transvaal.
Mrs. Mbali pensa di dovere una spiegazione:
“Laggiù ci è capitato di leggere su un giornale i successi
del famoso Shylock Homeless e veniva citato anche un certo Cowson. Allora ho
pensato di venirmene qua a vedere come mettere a posto le cose.”
Comincia a farle qualche domanda, Homeless!
“Ditemi, Mrs. Mbali, è molto tempo che non vedete questo
vostro capitano Cowson?”
“Da quando il bastardo se l’è svignata dal Transvaal col suo
reggimento a cavallo. Ecco guardate quest’altra foto, sono io. Un pochino
cambiata forse da quando avevo sedici anni. Allora ero la prima danzatrice
zulu.”
Mrs. Teapot ha continuato a spostare le tazze del thè da
sinistra a destra e da destra a sinistra, non si trattiene dal guardare la
foto.
“Signor Homeless, questa ragazza nella foto ha il seno
nudo.”
L’espressione di disgusto con cui la Teapot guarda un Cowson
a lei sconosciuto fa intravedere un futuro di privazioni per quanto riguarda i
dolcetti e Cowson, il quale meschino cerca riparo dietro una poltrona.
Incurante della tempesta, Homeless riprende a fare domande:
“Mrs. Mbali, noto che i dieci diavoletti hanno tutti
all’incirca la stessa età. Forse avete qualcosa da dirci al riguardo.”
“Ebbene, devo confessare che il padre di Numero Uno è
certamente quel capitano Cowson. Ritengo invece che Numero Due assomigli a un
certo sergente Roach. Infine gli altri otto sono figli di mie cugine. Vedete
noi laggiù vorremmo che i ragazzi ricevessero la milgliore istruzione in una
scuola qui a Londra. Ma per l’iscrizione è opportuno avere un padre inglese.
Per questo mi sono ricordata del quel Cowson.”
“Mia cara Mrs. Mbali, dubito che un maggiore dell’esercito
di Sua Maestà possa permettersi il mantenimento di dieci marmocchi. “
Cowson sta osservando con attenzione Numero Uno che prende a
calci il violino di Homeless, gli pare di notare una certa somiglianza con lui,
anche di temperamento. E’ tentato di farsi avanti, ma l’idea di mettere su casa
con una palla di lardo nera lo fa desistere. A questo punto non restano che gli
addii.
“Signori mi rincresce di avervi disturbato, si è trattato di
uno scambio di persona. Soprattutto mi spiace che la vostra cucina sia stata
messa in disordine; ecco un diamante come riparazione. Oh, Mrs. Teapot, non
state a ringraziarmi, ne ho depositato un sacchetto pieno in banca, per
l’istruzione dei ragazzi. Sono la principessa Mbali Betha, un giorno sarò
regina degli Zulu. Spero proprio di trovare un padre bianco da presentare alle
vostre scuole.