mercoledì 6 maggio 2015

La Vendetta di Patricia Hardy


La Vendetta di Patricia Hardy

“Dottor Cowson, una visita per Mr. Homeless.”

Mrs. Teapot ha parlato con tono di rimprovero, per niente soddisfatta di non vedere Shylock Homeless nello studio.

Cowson si fa incontro a una donna nel pieno del suo fascino, ammaliato non desidera altro che rendersi utile.

“Il Mr. Homeless arriva subito. Forse potreste dirmi il motivo che vi ha portato qui.”

 “Sono Patricia Hardy. Abbiamo una amica in comune con Mr. Homeless. Lady Astoria Windermare mi ha parlato di lui. Il motivo della mia visita risiede in Mr. Hardy, mio marito.”

“Mi spiace davvero, ma non credo che potremo esservi di aiuto, Mrs. Hardy. Purtroppo Homeless ha deciso di smettere l’attività per quanto riguarda il ramo eliminazioni. E’ un genere che non si addice alle sue capacità deduttive, lo sminuisce, alla fine è qualcosa di materiale.”

“Mio caro Cowson, non ho affatto intenzione di eliminare Mr. Hardy. Al contrario lo vorrei tutto per me. Ma cosa sono questi orribili stridori? come di un uccellino, una innocente creatura, che venisse torturato da un infame individuo.”

“Mr. Homeless si esercito al violino. Vado subito a avvertirlo.”

Presi dalla conversazione i due non si sono accorti che Homeless ha smesso di suonare e si trova dietro di loro.

“Devo dedurre, Mrs. Hardy, che la nuova giovane segretaria si è presa una parte di Mr. Hardy. La nostra governante mi ha appena avvertito che avevamo una visita. Sono Shylock Homeless.”

Il sorriso di Mrs. Hardy è un insieme di maliziosa delizia.

“Che cosa vi fa supporre che la ladra sia Elisabeth? Vi è arrivato qualche pettegolezzo forse?”

“Mia cara, avete un aspetto delizioso, un fiore sbocciato, una pesca matura, e una voce incantevole. Qualsiasi gentleman sarebbe felice di conquistarvi, per essere invidiato al Club. Mr. Hardy deve avere una infatuazione passeggera per una ragazzetta docile e sottomessa al suo meraviglioso capo. La piccola Elisabeth deve essere una di quelle creature pestifere, di cui un uomo può sentire la mancanza qualche volta. Non volete che ora vi suoni al violino un pezzo romantico?”

Arriva la cavalleria. Ci manca solo che Homeless la faccia fuggire spaventata dal suo archetto stridulo, pensa Cowson.

“Non ora Homeless, niente chiari di luna. Mrs. Hardy ha bisogno del nostro aiuto. Forse dovremmo convocare questa Elisabeth e spiegarle a quali conseguenze può portare il suo comportamento.”

Homeless approva la proposta con cenni pieni di insolito entusiasmo della testa e della pipa. Ma non tutti approvano, Mrs. Teapot per esempio.

Nessuno si è accorto dell’arrivo di Mrs. Teapot nello studio. La brava donna non prende per il verso giusto che una giovane seduttrice possa essere ricevuta da Homeless. Si sa come vanno queste cose.

Oh, Mr. Homeless che cosa farei se dovessi rinunciare all’impiego da Mr. Hardy? Mi troverei in strada. Direbbe lei in lacrime.

Ma no, piccola mia, potresti venire qui a dare una mano in cucina.

A farla breve, la Teapot, con la visione di una sgualdrinella che manda a fuoco la sua omelette alle erbe e formaggio, depone il vassoio con le tazze da thè, i piattini, lo zucchero, il latte, il limone e i dolcetti, si toglie il grembiule e lo sbatte in terra.

“Forse Mr. Homeless desidera che mi ritiri in campagna? Forse Mr. Homeless desidera che gli rompa in testa quel pezzo di legno antico con la vernice trasparente? Forse è tempo che qualcuno spieghi al signor violinista come stanno le cose. Dovesse strimpellare tutta la notte di Natale davanti a Buckingham Palace, al mattino non ci sarebbe un penny nel suo berrettuccio a scacchi verdi e blu.”

Cowson non vuole che la Teapot si innervosisca, si potrebbe inacidire la crema con la quale riempie i dolcetti. Sarà bene intervenire subito alla svelta:

“Mrs. Hardy, lasciate che vi presenti Madame Teapot, il nostro chef. Vi prego assaggiate uno dei suoi meravigliosi unici dolcetti. E quanto a te, Homeless, apri la finestra e osserva bene che non ci siano passanti, prima di gettare il violino.”

Si fa silenzio per qualche minuto nello studio. La Teapot si è rimessa il grembiule e se ne è tornata in cucina. Si mangiano dolcetti, si beve il thè. L’incanto viene rotto da Mrs. Hardy:

“Le vostre deduzioni sono intriganti, Mr. Homeless. Resta il fatto che Mr. Hardy da qualche tempo se ne sta attaccato alla gonnella di quella sgualdrina, invece che alla mia.”

Homeless pare riflettere sul caso di Mrs. Hardy. In realtà pensa al violino. Deve ammettere che è stato uno sbaglio procurarsi il manuale Il Suonatore di Violino in lingua tedesca. Cowson si rende conto che la situazione si sta facendo drammatica e decide di intervenire:

“Homeless, ti ricordi gli insoliti oggetti che ho portato dal Transvaal? Credo sia venuto il momento di usarli a vantaggio di Mrs. Hardy.”

 

Leonessa e gazzella

Le due rivali sono una di fronte all’altra sui gradini della porta di Patricia.

— Sei Elisabeth, non è vero? — chiede la leonessa. E propone — possiamo darci del tu e diventare amiche?

— Sì sono Elisabeth, come hai fatto a indovinare? — risponde la gazzella, che fa del suo meglio per dissimulare sorpresa e sconcerto.

— Ti ho riconosciuta dalla foto.

— La foto? — Il tono della gazzella è sospettoso. — Quale foto?

— La foto di gruppo presa nell’ufficio di mio marito. Quella con i dirigenti di massimo livello e le loro assistenti. Tu sei quella con la pettinatura alta, come usano tutte le ragazze che seguono la moda.

Elisabeth nota la leggera agitazione di Patricia alla parola assistenti.

— Mi spiace, cara, ma Mr. Hardy, mio marito, non è in casa al momento, dovevate incontrarvi qui? Oscar Non me lo ha detto. Non mi sorprende, mi dice mai niente del suo lavoro. — Patricia parla con modi soffici.

— Non ha importanza — Elisabeth cerca di avviare un discorso, ma è così difficile parlare in modo amichevole con la moglie dell’uomo di cui è innamorata — non ero sicura di trovarlo qui e se….

— Se fosse disponibile? — Patricia sorride. — Mi spiace che non lo sia, ma noi abbiamo l’occasione di fare una piccola conversazione, di conoscerci. Sei la segretaria di Oscar da almeno un anno, ma non ci siamo mai parlate davvero faccia a faccia. Mr. Hardy passa più tempo con te che con me. Spesso prima di uscire mi informa che avrebbe fatto tardi la sera in ufficio, per una crisi finanziaria inattesa o qualche altro affare importante.

L’enfasi sulla parola “affare” spinge Elisabeth a chiedersi quanto la moglie di Oscar sappia della loro relazione.

— Non sarebbe meglio se me ne tornassi indietro e aspettare che tuo marito si metta in contatto con me? — suggerisce Elisabeth.

Patricia sorride garbata.

— Sciocchezze, cara, devi assolutamente ammirare la mia piccola collezione di oggetti africani e provare un bicchiere di un vino davvero unico.

 Con il fascino untuoso del politico esperto, Patricia prende per il braccio l’altra donna e la guida con educazione nella sua casa, nella sua rete.

— Chiamami pure Patricia, io ti chiamerò Elisabeth. Dopotutto mi sembra già di conoscerti, e noi abbiamo molto in comune: mio marito per esempio. Mi parla sempre di te, sai. Di come sei piena di risorse, di come sei sempre disposta a collaborare. Di come sei sempre disposta a rimanere fino a tardi in ufficio per finire tutto il lavoro. Sempre di più e oltre il dovere, si potrebbe dire. — E si mette a ridere mentre invita la sua ospite a sedersi su una elegante poltrona e versa da una brocca di vetro decorato due bicchieri di vino rosso. Era la prima volta che Elisabeth entrava nella casa di Oscar, di solito si incontravano in un piccolo appartamento nella città antica.

— Che bella casa hai, Patricia — dice Elisabeth, osservando in giro la stanza decorata alle pareti con lusso evidente e ricercato. Ma la giovane segretaria si trova a disagio, ha una gran voglia di scappare, se ne sta seduta sull’orlo della poltrona, il suo sguardo passa dalla padrona di casa a tutto quello che si trova sparso per la stanza. Turbata e affascinata da alcuni oggetti particolarmente insoliti: una statuetta d’avorio che rappresenta un uomo e una donna uniti in modo passionale, un quadretto dove gli avvoltoi si contendono i resti di un corpo, una lunga figura di legno con la punta di metallo arrugginita da cui scendono fili che sembrano capelli umani, infine la maschera sepolcrale del volto di un uomo che esprime un grido di terrore fissato per sempre. Elisabeth tenta di conciliare queste cose orribili con l’uomo gentile e dolce che ama. Le sembra impossibile credere che Oscar abbia scelto questi oggetti grotteschi per decorare la sua casa.

— E’ un mio hobby — dice Patricia, notando la spaventata curiosità della sua ospite. — Sono affascinata dall’antropologia, lo studio dell’uomo come un animale, lo studio degli istinti basici dell’uomo primitivo, l’origine del bene e del male. Patricia apre le mani perfettamente curate come per riunire insieme tutti quegli oggetti inusuali sparsi per la stanza.

— Ognuno di questi oggetti costituisce un atto di una tragedia — continua Patricia — ognuno di essi è come l’anello di una catena unica.

Patricia ora ha preso in mano la statuetta d’avorio che rappresenta i due sottili corpi uniti in un abbraccio feroce e li accarezza sensualmente con un dito.

— Pare di sentire il piacere che unisce i due corpi bagnati dal sudore. I due amanti cercano di darsi e di prendere piacere l’un l’altro con tutte le loro forze. E’ come vedere i loro corpi muoversi e toccarsi. Patricia le porge la statuetta— Tieni Elisabeth, sentila, godila.

Patricia rimane in attesa che l’ospite spaventata accetti la statuetta. L’altra donna si limita a fissarla e si rifiuta di toccarla. A malincuore Patricia la rimette a posto e solleva con delicatezza la figura di legno dal suo gancio nel muro.

— Sono sicura che troverai molto affascinante questa piccola cosa. Come la statuetta, che non hai voluto toccare, anche questo oggetto proviene da una tribù dell’Africa Centrale, nei cui costumi si trovavano combinate un forte convincimento della monogamia e un metodo primitivo di punizione.

Patricia fa una pausa e prende un altro sorso di vino.

— Essi pensavano che un uomo e una donna devono restare uniti per tutta la vita. Se uno di loro commetteva quello che noi chiamiamo adulterio, allora deve essere privato della vita assieme al suo partner colpevole. Una soluzione molto semplice per un problema antico come l’uomo, non trovi?

Elisabeth cerca di non rimanere coinvolta in questo sgradevole soggetto di conversazione, la sua paura è espressa dal suo tono di voce.

— Pensavo che Mr. Hardy sarebbe di sicuro venuto in ufficio stamattina presto, anche se è sabato. Avevamo un lavoro importante. E’ forse ammalato? E’ successo qualcosa? Non mi ha chiamato, è alquanto insolito.

— E tu ti sei preoccupata al punto di venire qui direttamente a casa sua? Davvero ammirevole. Una tale devozione al tuo capo ti fa davvero onore.

Elisabeth è confusa.

— Mi aveva raccomandato di non mancare, avevamo un lavoro importante da finire, la fusione di due aziende.

— Ah, una fusione. Interessante.

Patricia ora si china a dare qualche colpetto di simpatia sulla mano della sua ospite, ma nello stesso tempo la figura di legno che tiene nell’altra mano si ferma a qualche centimetro appena dagli occhi di Elisabeth, vicino abbastanza da permettere di scoprire una macchia scura sulla punta di metallo. Patricia si accorge dello sguardo ansioso negli occhi dell’ospite e spiega con calma:

— E’ sangue. Almeno così mi dicono. Si pensa che sia il sangue di qualche sfortunata vittima, presa nell’atto dell’adulterio. Almeno questo è quello che dissero a Oscar quando comprò questa cosa da uno strano tipo di donna durante un suo viaggio in Africa anni fa. Probabilmente si tratta solo di invenzioni, ma tu certo sai quanto Oscar possa essere credulone. Crede a ogni cosa gli dica una donna, quando si trova nello stato d’animo giusto.

Non appena Patricia risolleva la testa, un piccolo rivolo di liquido rosso le scivola da un angolo della bocca giù per il mento, prima di fermarsi sulla sua camicetta bianca dove si allarga fino a formare come una ferita sul petto. Elisabeth guarda come ipnotizzata il cerchio di vino rosso che si allarga, le sembra come la macchia scura attorno alla punta di quella disgustosa figura in legno, una immagine orribile che la scuote con un fremito di terrore.

— Ti piace questo vino, Elisabeth? Alcuni lo trovano troppo pesante, quasi una melassa, io preferisco chiamarlo a corpo pieno. Un vino a corpo pieno, con odore penetrante e sapore dolciastro. Mentre Patricia ride graziosamente, Elisabeth nota che i suoi splendidi denti sono come coperti da un velo trasparente color porpora.

— L’unico problema di questo vino è che sembra macchiare per sempre tutto quello che tocca. Come quella mistura che in questa tribù africana usavano per decorare i loro corpi. Credevano che se si fossero dipinti con una mistura di argilla e sangue dei loro nemici, si sarebbero liberati per sempre dagli spiriti maligni delle loro vittime. Di conseguenza una coppia sorpresa in adulterio era condannata a morte e uccisa col coltello rituale, quindi alla moglie o al marito tradito si copriva il corpo con il sangue delle vittime che avevano recato offesa.

Il racconto provoca a Elisabeth un tremito sgradevole. Il movimento involontario le fa cadere del vino sul vestito e il liquido rossastro si spande lentamente sul tessuto, come una lava scura che si apra la strada verso il suo corpo.

— Vuoi dire che li uccidevano davvero, solo per aver fatto l’amore?

— Per aver fatto l’amore con la persona sbagliata. — La corregge Patricia.

— Spaventoso, usi tribali come i cannibali.

— Non direi che fossero cannibali, non erano loro a divorare le vittime — la riprende Patricia come si fa a una scolaretta — lasciavano i corpi colpevoli ai becchi degli avvoltoi.

Lo sguardo di Elisabeth va istintivamente alla ricerca del macabro dipinto raffigurante avvoltoi che si disputano i resti di un corpo.

— Non stai parlando sul serio? — Chiede nervosamente. — Non è che una storia, un mito, non è vero?

— Sì, questo è quello che credevo — conviene Patricia — fino a quando non mi sono trovata in mano questa maschera che si suppone di un uomo ucciso ritualmente per adulterio. A quanto pare gli anziani della tribù facevano maschere dalle teste dei due adulteri dopo aver bevuto il loro sangue.

Patricia ha preso in mano l’ultimo oggetto, l’orribile maschera con i piccoli occhi scuri e la sottile pelle di pecora ingiallita sulla testa resa più piccola da un lavoro esperto. La offre alla sua ospite. Il grido che viene dall’altra donna è un insieme di terrore e di nausea, come un automa lascia andare il bicchiere e il vino le si sparge sul petto, lo stomaco, i fianchi. Comincia a sentire spasmi acuti e incontrollabili allo stomaco, si alza di scatto e corre fuori mentre gli spasmi si fanno più dolorosi.

Oscar è nello studio di sopra.

— Vieni pure fuori, Oscar, se ne è andata. Ho visto la porta del tuo studio socchiusa, avrai sentito tutto.

Oscar Hardy esce dallo studio, divertito è irritato al tempo stesso, mostra a Patricia un sorriso di rimprovero ma anche di complicità.

— Non avresti dovuto spaventarla così, non era nei patti. Eravamo d’accordo che avrei passato il weekend con te, senza avvertirla del cambiamento di programma. In cambio tu avresti tollerato la nostra relazione. Non era previsto che ti mettessi a terrorizzarla.

Patricia si avvia per la scala a chiocciola in legno che porta alla camera da letto, a metà dei gradini si ferma con un sorriso superbo e malizioso.

— Una piccola vendetta puoi anche perdonarmela, date le circostanze. Per quanto riguarda la nostra piccola Elisabeth potrai tornare da lei lunedì. Sembra che avremo un weekend interessante grazie al nostro accordo Forse dovremmo farne più spesso di questi accordi.

Patricia procede su di qualche gradino, poi si ferma ancora.

— Senti, Oscar, se Elisabeth non fosse scappata di corsa avrei potuto aggiungere qualcosa che avrebbe servito a renderla meno spaventata, per quanto riguarda quella tribù africana. Sembra che i saggi della tribù che sovrintendono al sacrificio degli adulteri avessero un segreto. La notte prima del sacrificio la coppia colpevole viene messa insieme in una capanna. Se i due si maledicono e si insultano a vicenda sono condannati, ma se invece si giurano fino all’ultimo amore vengono lasciati liberi di fuggire, a patto di non tornare mai. Nel secondo caso al mattino i saggi diranno alla tribù che gli adulteri sono stati presi e portati via dallo spirito del male. Ecco potresti raccontarlo a Elisabeth lunedì. Ora che ci penso non ha avuto neppure una parola di rimprovero nei tuoi confronti. Era davvero preoccupata per te, povera piccola, fino ad avventurarsi fin qui, indifesa, oltre le linee nemiche. Sai come sono fatte queste piccole segretarie in adorazione.

— Patricia, dove hai trovato quei misteriosi oggetti? E dove hai letto quelle storielle sugli adulteri puniti in quella tribù africana?

—Storielle? Stai bene attento a quello che fai, mio caro Mr. Hardy. Questi oggetti mi conferiscono poteri magici. Potrei trasformarmi in una di quelle mogli insopportabili.

Lei continua salire i gradini verso la camera da letta. Maliziosa sventola la gonna.

Nascosti nella cucina di casa Hardy, i due compari Homeless e Cowson si stringono la mano e si congratulano in silenzio per il successo. Domattina, il postino lascerà nella cassetta, al 13 Butcher Fish Street, un generoso assegno firmato da Mrs. Hardy.

 

Allegri e contenti, i due amiconi si avviano a casa saltellando e canterellando.

Arrivati al 13 Butcher Fish Street, Homeless smette all’improvviso di cantare ‘Oggi Splende il Sole e Abbiamo Sterminato gli Irlandesi Ribelli’.

“Cowllon, cosa ci fa quel negretto caffellatte alla finestra del mio studio?”

“Non vedo negretti, Homeless.”

Infatti una mano ha tirato dentro l’apparizione, via dalla finestra. Ma si apre il portoncino e appare una Teapot bianca di farina.

“Siete arrivati finalmente. Portate via questa grassa donna nera e i suoi dieci marmocchi.”

Un sospetto appare sul volto di Cowson, come un ombrello quando il cielo si fa nero.

“Che vi succede, Teapot? Perché vi siete messa in testa la farina bianca, invece di conservarla per i dolcetti?”

La Teapot lo ignora e si rivolge a Homeless, soffiando farina:

“Signor Homeless, si è presentata questa donna nera, vestita con una lunga camicia variopinta e inappropriata. Parla di un certo Cowson e dice che i dieci marmocchi bianconeri sono loro figli.”

Cowson fa per avviarsi.

“Devo tenere una conferenza al Club, non aspettatemi per la cena.”

Nemmeno fa un passo che la Teapot lo afferra per la gola e lo porta dentro.

“Dove crede di andare il signor don Juan? La mia cucina deve essere liberata da quei piccoli bastardi entro dieci minuti.”

Ma ora basta, Mrs. Teapot! Una visitatrice attende nello studio.

“Sono Shylock Homeless e lasciate che vi presenti il dottor Crapton.”

La donna nera non risponde, ma fa apparire come per magia una foto dal camicione colorato. Guarda  Cowson, la foto, poi ancora Cowson.

“Il mio nome è Mbali, che nella mia lingua significa fiore. Sono arrivata dal Transvaal alla ricerca del padre dei miei figli, un certo capitano Cowson. “

Homeless chiede di vedere la foto, la passa a Cowson che scuote il capo. Mai visto.

Grazie ai pranzetti e ai dolcetti di Mrs. Teapot, l’attuale dottor Cowson è alquanto arrotondato, decisamente diverso dall’elegante capitano nella foto. La sua pelle è diventata rosea per le uova fritte al bacon e il pallido sole londinese, ben diverso dai raggi roventi del Transvaal.

Mrs. Mbali pensa di dovere una spiegazione:

“Laggiù ci è capitato di leggere su un giornale i successi del famoso Shylock Homeless e veniva citato anche un certo Cowson. Allora ho pensato di venirmene qua a vedere come mettere a posto le cose.”

Comincia a farle qualche domanda, Homeless!

“Ditemi, Mrs. Mbali, è molto tempo che non vedete questo vostro capitano Cowson?”

“Da quando il bastardo se l’è svignata dal Transvaal col suo reggimento a cavallo. Ecco guardate quest’altra foto, sono io. Un pochino cambiata forse da quando avevo sedici anni. Allora ero la prima danzatrice zulu.”

Mrs. Teapot ha continuato a spostare le tazze del thè da sinistra a destra e da destra a sinistra, non si trattiene dal guardare la foto.

“Signor Homeless, questa ragazza nella foto ha il seno nudo.”

L’espressione di disgusto con cui la Teapot guarda un Cowson a lei sconosciuto fa intravedere un futuro di privazioni per quanto riguarda i dolcetti e Cowson, il quale meschino cerca riparo dietro una poltrona. Incurante della tempesta, Homeless riprende a fare domande:

“Mrs. Mbali, noto che i dieci diavoletti hanno tutti all’incirca la stessa età. Forse avete qualcosa da dirci al riguardo.”

“Ebbene, devo confessare che il padre di Numero Uno è certamente quel capitano Cowson. Ritengo invece che Numero Due assomigli a un certo sergente Roach. Infine gli altri otto sono figli di mie cugine. Vedete noi laggiù vorremmo che i ragazzi ricevessero la milgliore istruzione in una scuola qui a Londra. Ma per l’iscrizione è opportuno avere un padre inglese. Per questo mi sono ricordata del quel Cowson.”

“Mia cara Mrs. Mbali, dubito che un maggiore dell’esercito di Sua Maestà possa permettersi il mantenimento di dieci marmocchi. “

Cowson sta osservando con attenzione Numero Uno che prende a calci il violino di Homeless, gli pare di notare una certa somiglianza con lui, anche di temperamento. E’ tentato di farsi avanti, ma l’idea di mettere su casa con una palla di lardo nera lo fa desistere. A questo punto non restano che gli addii.

“Signori mi rincresce di avervi disturbato, si è trattato di uno scambio di persona. Soprattutto mi spiace che la vostra cucina sia stata messa in disordine; ecco un diamante come riparazione. Oh, Mrs. Teapot, non state a ringraziarmi, ne ho depositato un sacchetto pieno in banca, per l’istruzione dei ragazzi. Sono la principessa Mbali Betha, un giorno sarò regina degli Zulu. Spero proprio di trovare un padre bianco da presentare alle vostre scuole.
 

 

 

 

 

 

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